Hymenair

I can already hear the cabin crew team clogging as they usher in passengers to the sound of some Irish trad while handing out tasty Tayto crisps along with some racial profiling questionnaires.

Do you eat zebra for breakfast? goes the first question.

Are you brown because it’s often sunny in Port Elizabeth? the second question probes unashamedly.

Is Cape Town cool in November? Please specify the correct temperature in Fahrenheit. (Or is it Celsius? )

Is it true that most of yiz have shark cake on your birthday? Please tick the appropriate box.

Congratulations! You’ve passed the test. Hang on. We only accept virgins aboard this flight. It’s a religious thing, you know. So we’ll have to cavity-search you, I’m afraid.

But I’m a man! protests the male passenger – Just turn around, you eejit!

Should Irish travelers demonstrate their proficiency at the Celtic harp when entering Botswana? the Artful Translator wonders uneasily.

(Ungefärliga) Engelska uttryck

Such a shame. This could’ve been a great purchase. Alas, the authors Kerstin Johanson and Mia Carlstedt are guilty of a number of misdemeanors.

First, what’s the point of creating a list of idioms predicated on themes when no contextualized examples are provided? And no cultural or usage notes, either. Do the writers seriously expect the average Swedish learner to know whether an idiom is used in a specific region or how frequently it appears in spoken or written English?

Second, why not ask an English-language editor to check for accuracy? A self-styled book on idioms must ensure that the selection of idioms is letter-perfect. There’s no such thing as stop the night (spend the night?); in the end of the day; not care a monkey’s (not give a monkey’s?); take a French leave; Uncle Tom Cobleigh (sic); go back to the drawingboard; loose one’s head; or not hurt a flie.

I’m not sure what led the authors to come up with the selection of idioms and proverbs included in this book. Some of these expressions are downright dated and of little use. I wonder how many people still use many a little makes a mickle, for instance. Labeling these phrases would certainly offer the readers some guidance.

It’s baffling to see publishers dip into their pockets to publish a good-quality hardcover book marred by so many inaccuracies and with questionable content. However, if you’re interested in learning about the Swedish equivalents of some random English idioms, then maybe this book could be useful. Otherwise, save your kronor.

Inglese per polli

Si resta sconcertati quando un’azienda preferisce non consultare un traduttore – o consulta un traduttore non professionista – mettendosi da sola alla berlina.

From 150 years on the Italians tables: proprio identico all’italiano Da 150 anni sulle tavole degli Italiani.

Peccato che non sia inglese.

Speriamo che il contenuto sia di qualità superiore all’involucro.

Nella vaga speranza che fosse solo una svista di questo particolare prodotto, sono andato a ricercare la storia dell’azienda, toscana, per vedere quanto avesse investito nella traduzione dei testi.

Ecco un assaggio dal sito aziendale:

We Italians without pasta just can’t stay! It doesn’t take much to prepare something tasty, but you need the right ingredients!

Not only does the writer’s English sound unidiomatic, but the writer runs afoul of even the most basic word order. A machine-translation job? Maybe.

To verify this, I took this excerpt and ran it by Google Translate. Here’s what I got:

Noi italiani senza pasta non possiamo restare! Basta poco per preparare qualcosa di gustoso, ma servono gli ingredienti giusti!

Unsurprisingly, this sounds much better in Italian now . How about asking Google Translate to translate it back into English? And, yes, it’s par for the course that we get the previous English version, i.e.,

We Italians without pasta cannot stay! It doesn’t take much to prepare something tasty, but you need the right ingredients.

On balance, Polli appears to be a successful company. Their French-language info redirects the reader to a full-on French website. However, the English (and possibly German) versions leave quite a bit to be desired. One wonders why.

PS. L’ironia ha voluto che iniziassi a scrivere questo post bilingue in italiano e senza accorgermene a finirlo in inglese. Tant pis.

Collocazioni sospette

Si apprende stamattina, nientemeno che dall’agenzia di stampa ADNKronos, che l’ex presidente USA Trump vincerà a valanga alle prossime elezioni presidenziali.

Articolo pubblicato online il 21 aprile 2022

Non una vittoria schiacciante o, al limite, una valanga di voti, bensì vincere a valanga. Un nuovo conio mal riuscito? O un pessimo calco dall’inglese? Allora perché non: vincere a slavina?

Peccato che questi articoli online non portino una firma. Forse sono il risultato di traduzioni automatiche? Sono di certo piccoli smottamenti linguistici che ci fanno scivolare lentamente nell’orrido della comunicazione più pedestre.

Ragazzine and babygangs, bravi ragazzi and famiglie perbene

News stories about teens and young adults committing crimes in major Italian cities are flying in this morning.

In Genoa’s own newspaper of record, the XIX secolo, I learn that a member of the city council was assaulted on a train the other day for urging a ragazzina to wear her face mask. The ragazzina turns out to be 18 year old. Hardly a ragazzina.

The family of a 16-year-old who knifed a carabiniere in a Turin pharmacy claims that their son is un bravo ragazzo and that they are una famiglia perbene.

In other news, le babygang are brazenly wreaking havoc across the nation.

A baby gangster?

The Artful Translator has decided something must be done to put a stop to this unending flow of ridiculous epithets and unlikely English coinages.

Let’s thrash out some facts:

  1. A young woman who has the right to vote in EU and Italian elections can hardly be described as a ragazzina. She is an adult and the seriousness of any crime she may have committed must not be mitigated by the use of mollifying diminutives.
  2. Who came up with the ridiculous babygang?. A teen gang? A youth gang? Can Italian reporters please do away with this absurd and risible misnomer? How about using an Italian word instead?
  3. And as to the bravo ragazzo, well, his respectable and decent family must either lack a reputable Italian dictionary on their bookshelf or they must think that dropping some popular clichés might successfully whitewash their poor parental skills.

Sekundärskam in Svezia e altrove

Så pinsam att den ger sekundärskam – si sente dire talvolta dagli svedesi. Così imbarazzante da provare vergogna per un’altra persona.

L’espressione sekundärskam una sorta di imbarazzo condiviso o collettivo – è corredata in Svezia da un skämskudde, un cuscino usato per nascondersi quando si prova questa sensazione di imbarazzo. Il termine è talmente diffuso e parte integrante della cultura svedese che hanno dato questo nome a un premio per il peggior programma TV, fonte appunto di imbarazzo e vergogna.

Vediamo ora quanto è diffuso questo senso di vergogna provato di riflesso in altre lingue e culture europee.

Non esiste nella vicina Danimarca, dove l’imbarazzo è evidentemente del tutto personale. Riflette forse il carattere più individualista dei danesi rispetto ai cugini d’oltre Øresund. Va da sé che non esiste nemmeno il cuscino dietro cui nascondersi. In danese, il termine sekundærskam credo sia limitato alla psicologia clinica.

In Norvegia sekundærskam sembra più diffuso che in Danimarca, mentre in Germania e in Austria il concetto è decisamente diffuso quanto in Svezia. Qui è noto come Fremdscham, che fa carinamente da pendant alla più famosa Schadenfreude.

Esiste anche in russo, dove si chiama Испанский стыд, che significa vergogna spagnola, perché la Spagna sembra essere il paese d’origine di questa espressione, che il castigliano rende in realtà con vergüenza ajena.

Inutile dire che in Italia il termine non esiste perché gli italiani forse spesso non si vergognano in prima persona, figuriamoci se lo farebbero, con più o meno empatia, in seconda persona. Se dovessimo tradurlo, vergogna aliena sarebbe etimologicamente corretto, ma farebbe pensare a un mondo extraterrestre. Quindi si ricorrerà con ogni probabilità a qualche perifrasi – tanto amata dall’italiano curvilineo.

Da ultimo, pare che alcuni propendano per Spanish shame. Eviterei. La reazione che l’imbarazzo altrui provocherebbe in un astante anglofono varrà un cringeworthy o al massimo un più colloquiale cringey.

Bilinguismo e la hukarmentalitet

Il verbo riflessivo svedese huka sig ha un paio di significati principali che, in italiano, possono essere resi in due posizioni del corpo abbastanza distinte. La prima si avvicina di più a rannicchiarsi, accovacciarsi o accoccolarsi (specie nel verbo frasale huka ihop), mentre la seconda significa chinare o abbassare la testa o la parte superiore del corpo.

È questa seconda accezione che interessa maggiormente perché ha dato luogo all’espressione hukarmentalitet diffusa tra i finlandesi di lingua svedese, minoranza linguistica in un paese ufficialmente bilingue.

In questa cartina un colpo d’occhio è sufficiente per capire la disparità e disproporzione tra finlandese (verde) e svedese (arancio) in Finlandia

Sebbene infatti la Finlandia sia ufficialmente una nazione bilingue, si tratta per lo più di un bilinguismo territoriale dove i parlanti svedesi si concentrano sulle coste e le isole del Golfo di Botnia e nella capitale. I dati sono chiari: quasi l’87% dei finlandesi è di lingua finnica mentre poco più del 5% è di lingua svedese. Le cifre cambiano se si tengono presente i parlanti bilingui, ma non si tratta sempre di un bilinguismo ‘bilanciato’, bensì di una conoscenza acquisita a scuola dell’altra lingua, conoscenza che spesso è minima, specie per quei finlandesi che vivono in comunità monolingui. Questa divisione ha dato adito ad aspetti sociolinguistici complessi ed è a volte fonte di risentimento, specie tra i finlanddsvenskar, ossia gli svedesi di Finlandia, che spesso vedono la propria lingua relegata a un luogo marginale o addirittura esclusa.

Con essa è nata l’espressione, a mio avviso interessantissima, hukarmentalitet, ovvero la quasi istintiva reazione della maggior parte dei finlandesi di lingua svedese ad abbassare la testa (e con essa la cresta) e passare direttamente al finlandese.

Chiaramente non tutti gli svedesi di Finlandia sono disposti ad abbassare la testa e aspre critiche contro politiche linguistiche non inclusive accendono puntualmente dibattiti di stampo sociolinguistico e culturale in Finlandia. Un recentissimo esempio è un articolo apparso su HBL (Hufvudstadsbladet, il quotidiano più diffuso di lingua svedese in Finlandia), in cui la catena di supermercati Lidl viene accusata di usare solo il finlandese sulle etichette dei propri prodotti.

Si tratta dunque di un bilinguismo meramente formale e legislativo quello che si vive in Finlandia? Come viene vissuto il bilinguismo in altre zone ufficialmente bilingui come ad esempio il Südtirol/Alto Adige, in Svizzera o in Belgio? Esistono espressioni come hukarmentalitet in queste regioni? L’ Artful translator continuerà le ricerche…

La situazione in Svizzera
I parlanti russi in Lettonia
La situazione di bilinguismo in Alto Adige
Fiamminghi e Valloni

Ne prendiamo atto.

I recently had a run-in with a very large state University where I have been teaching and which is bent on forcing their self-imposed regulations down the throat of a poor adjunct that naively walked into the trap of signing a contract that contains no such regulations.

Hard to follow? Welcome to the maze of inane bureaucracy that stifles the Italian pubblica amministrazione. Here’s how it works and the sadomasochism checklist that goes with it:

You apply for a position after a bando has been proclaimed. No trumpets are involved, but abundant rubber-stamping and legalese usually accompany this. The bando is an endless scroll listing every possible caveat to make sure everyone can stand a fair chance of applying and landing the aforementioned job. Incidentally, this includes the offspring of disabled veterans, which are given precedence. A quick calculation would place such applicants in their seventies. Give youth a chance, thank you very much.

Once offered the job, you sign the contract which not only includes your teaching duties for that particular course, but very generously allows you to take part in unpaid services, including being a thesis supervisor, a member of an academic or degree board, to say nothing of the 7 exam sessions that draw out for months long after the course has ended. An all-inclusive package that is quite advantageous for the state university, which can rely on a larger pool of instructors and adjuncts to carry out a number of tasks that tenured staff would otherwise be unable to fulfill. A titolo gratuito, thank you very much.

With the onset of the pandemic, some state universities have scrambled to ensure that all enrolled students can follow taught courses online. Which is perfectly reasonable. This particular state university, however, had the brilliant idea of asking all the teachers to tape their lessons and share these on a platform so that students could retrieve them at any later time. A top-down decision, relayed via a decreto rettorale, without any recourse to appeal. This may seem a trifle, but when no such information is contained in a contract, it stands to reason that one should be given at least an option. And let’s not forget that reruns are usually paid in most industries.

The culture clash came when I inquired with the endless array of offices as to the legal implications of failing to comply with this newly introduced rule. The decreto was once again bandied about as the ultimate clincher: any decree can supplant previously signed contracts.

Is that so?

As a translator, I’m not accustomed to taking words at face value and thus dug my heels in. In English, ‘decreto rettorale’ is a regulation or ordinance by a Chancellor. To an Italian’s ears ‘decreto’ is the same word used by the Prime Minister, a presidential proclamation through and through. Quite an intimidating word. Would I go to Adjunct Jail if found guilty of noncompliance? Would they hold back my meager paycheck?

Because I couldn’t get a straight answer from the multiple offices I had turned to, I decided to tell the recruitment office that I would no longer continue to teach at their University. Their swift retort was: ‘Ne prendiamo atto‘. Which is what I had been suspecting all along: they ultimately do not care.

Ne prendiamo atto is an apparently meaningless and formulaic reply that roughly translates as ‘duly noted’. However, the implications run deeper and, quite sadly, the dinosaurian pubblica amministrazione encapsulates its very essence in it.

Ne prendiamo atto

La strega non colpisce ovunque

Oggi tenteremo di evidenziare in quali lingue esista l’espressione il colpo della strega, ossia un improvviso dolore nella zona lombare. Esiste per esempio in italiano ma non pare essere invece usata in Inghilterra o in Francia, paesi storicamente pieni di streghe (NdT. risata soffocata).

il fatidico colpo della strega, verosimilmente provocato da un colpo d’aria.

L’espressione sembra avere origine nelle Germania medievale dove tuttora esiste Hexenschuss. Alle volte questi dolori potevano essere attribuiti anche a elfi e spettri che lanciavano frecce e colpivano la zona lombare.

Altro tipo di colpo della strega.

Il danese e il norvegese hanno mantenuto l’espressione hekseskud e hekseskudd.

Hekseskudd è talmente popolare in Norvegia che stampano addirittura delle magliette.

Stranamente lo svedese non pare conoscere l’espressione sebbene anticamente trollskott facesse parte delle credenze popolari in tutti i paesi nordici.

Neppure in nederlandese e in inglese esiste l’espressione e sarebbe interessante scoprirne il motivo.

Strano anche che sussista solo in italiano tra le lingue romanze. Niente golpe de la bruja o golpe da bruxa. Il francese non registra questa espressione, ma usa tour des reins. Il romeno, malgrado i contatti con il tedesco, non sembra aver preso in prestito la frase.

In Finlandia esiste il termine noidannuoli, letteralmente la freccia della strega, atto a significare proprio la lombalgia. Forse un prestito dal tedesco?

Dove colpisce la strega

In islandese troviamo skessuskot – lo sparo della strega – ma sembra un termine desueto, oggi rimpiazzato dal simpatico Þursabit, che letteralmente significa il morso del gigante.

Come mai dunque questa espressione originariamente tedesca non si è diffusa in molte altre lingue europee? Forse perché le fate francesi sono più gentili? O le streghe scozzesi sono indaffarate in ben altri intrighi?

Non è dato sapere.The Artful Translator continuerà le ricerche.

La regina invitante

La perdurante mancanza di cura che spesso si riscontra negli articoli pubblicati sul sito del Corriere della Sera spesso offende o irrita , ma è talvolta fonte di immensa ilarità.

Sono giorni che la storiella dei reali anglo-californiani imperversa sulle pagine di tutti quei giornali che ne traggono vantaggio economico e gli innumerevoli articoli rimbalzano dalla stampa britannica – malamente tradotti – sulle pagine di quella italiana.

Non sono delle creazioni originali, ma delle traduzioni grossolane e superficiali e, come avrebbe detto una mia professoressa all’università, fatte alla brutta Eva.

Tralasciando la sciatteria nel non riportare nemmeno le maiuscole in nomi dei personaggi menzionati, l’ingerenza dell’inglese e dei falsi amici in un testo italiano è davvero insopportabile.

Iniziamo dalla prima riga: Fu la sovrana ad offrirla alla Duchessa infreddolita, lo ha raccontato lei a Oprah. Chi è quel ‘lei’? La sovrana?

Poi, si possono ‘raccontare le parole’ in italiano? O forse le parole vengono riferite?

Passiamo oltre. Mi faceva pensare a mia nonna nel suo essere sempre calorosa, invitante e veramente accogliente. Insomma, la regina Elisabetta II improvvisamente diventa una baita? O una mandrillona lesbica? Nella versione italiana la regina dice ‘vieni qui’ . Ma nell’originale inglese è semplicemente ‘come on’. Con tutt’altro significato.

Vediamo dunque da dove è stata tratta la notizia: dal Mail Online del 10 marzo, ossia il giorno prima.

Quindi warm and inviting and really welcoming viene preso e tradotto (da Google? da un giornalista?) senza capirne il senso e stravolgendo la situazione nella resa in italiano.

Così ci troviamo con una regina non più florida, ma apparentemente ancora invitante, e una giovane duchessa che sembra esserne sedotta e che sembra esternare delle tendenze omosessuali.

Trovo che sia già abbastanza penoso che il Mail Online tratti questa immensa banalità – una persona condivide un plaid con un’altra persona – come se fosse una vera notizia e con una stucchevole dovizia di dettagli. Già forse è proprio penoso il Mail Online come giornale. Ma trovo ancora più imbarazzante che una storica testata italiana sia piombata così in basso e non si dia nemmeno la pena di riscrivere o tradurre bene gli articoli che compra (e non si sa bene per quale motivo) dalla stampa inglese.

Forse a Hollywood staranno già girando un film intitolato The Queen’s blanket. Forse la cara duchessa e la cara Winfrey staranno contando i soldi guadagnati con queste interviste stolide date in pasto a un pubblico che sembra aver perso il senso del gusto e della decenza. Mi auguro che quest’era di notizie di poco spessore svanisca in fretta e con essa svanisca anche questa masnada di traduttori e giornalisti sesquipedali.