Non parlare a vanvera in Danimarca

Il prefisso van in danese deriva da o comunque è imparentato con l’antico nordico vanr, che significa ‘mancante’. Utile ricordare anche la parentela con il latino vanus per chi volesse trovare un collegamento, magari come aiuto mnemonico, con le lingue neolatine. Il danese ha creato dunque varie parole con questo prefisso conferendo un’accezione negativa o privativa. Ecco alcuni esempi: et vanartet barn (bambino/a maleducato/a o pestifero/a); vanfør (letteralemente che non è in grado di andare, quindi sciancato o invalido); vanheld (malasorte, parola un po’ antiquata, oggi soppiantata da uheld); vanhellige (profanare, dissacrare); vanry (cattiva reputazione, ad esempio bringe nogen i vanry, ossia gettare qualcuno in discredito); vanskabt (deforme); vanrøgte (mandare in malore); vansire (sfregiare, sfigurare); vantrives (crescere male, non trovare terreno fertile); vantro (mancanza di fede); vanvid (follia, delirio, pazzia); vanvare (specie nella frase af vanvare, per sbaglio).

Esempio recente di come qualcuno parla spesso e volentieri a vanvera

Vanvare [ˈvanˌvɑːɑ] non va confuso con l’italiano vanvera, con cui non spartisce alcunché. Mentre infatti vanvera in italiano sembrerebbe derivare da fanfera di origine onomatopeica, vanvare in danese deriva da ‘vare’ , usato solo nell’espressione ‘tage vare på’ , che significa ‘fare attenzione’. Un falso amico di cui diffidare dunque. Questo meramente lessicale; altri falsi amici, ben più tangibili e dalle fattezze umanoidi, vanno invece tenuti a debita distanza.

Er du fuldstændig vanvittig? (Ti ha dato di volta il cervello?) risponderebbe forse HM Margrethe II a taluni che parlano a vanvera.