Il suono delle parole

Perché alcuni di noi sono catturati dal suono di alcune parole? Perché alcune parole hanno un potere acustico che penetra nell’immaginario in maniera più prorompente in una lingua e non in un’altra? Sono interrogativi che non trovano una facile risposta. La psiche è a volte insondabile o forse alcuni suoni la raggiungono inspiegabilmente per poi scatenare delle reazioni del tutto individuali e del tutto uniche. Per coloro che parlano più di una lingua sarà forse capitato di trovare il suono di alcune parole suadente o addirittura inebriante e, se paragonato all’equivalente in un’altra lingua, il suono della medesima parola sarà magari risultato neutro o addirittura piatto.

La mia mente è spontaneamente sedotta da esperienze sinestetiche causate da parole e suoni, spesso in una combinazione di piacere ortografico e fonetico. Solo di recente ho notato il motivo per cui certe parole in una determinata lingua mi attraggono maggiormente rispetto al loro equivalente in un’altra. Quasi sempre per una certa immagine mentale che scaturisce dalla combinazione grafica o l’accostamento dei suoni. Perché dunque pappagallo in italiano è una parola che mi provoca allegria e colore e simpatia mentre parrot in inglese mi lascia indifferente? E perché fenicottero in italiano mi appare come un animale meccanico e sbiadito, mentre flamingo in inglese mi accende la mente con un tripudio di colori e tropicalità?

Non saprei dare una risposta certa.

Ascoltando il nome della pianta jacaranda in varie lingue, ho la sindacabile certezza che questa parola perda di fascino quando viene pronunciata in inglese, spagnolo, tedesco o italiano, ma scateni un suono altamente seduttivo se pronunciato in portoghese o in francese. Torneremo sull’argomento.

Il coccodrillo semplicemente non canta

Uno degli aspetti linguistici più interessanti di ogni lingua naturale è la volontà di associare a un particolare verbo il suono emesso da ciascun animale. L’italiano ne è sorprendentemente ricco, specie in ambito ornitologico, dove forse qui più che altrove si trovano gli animali più canterini. Tra i verbi che stuzzicano maggiormente la mia immaginazione, e che presentano a volte al traduttore o alla traduttrice dei grattacapi non indifferenti, vorrei ricordarne alcuni:

  • l’avvoltoio pulpa
  • il gufo bubola
  • il tacchino gloglotta
  • il furetto potpotta
  • l’orso ruglia  (o con un termine più letterario bruisce)
  • il pettirosso spittina ( un toscanismo che vale la pena importare)
  • il pavone paupula
  • la giraffa landisce
  • il giaguaro brontola
  • il cane ustola (ma non quando abbaia o latra)
  • il corvo crocida o gracchia

Da notare che la rete è piena di queste liste, ma vanno spulciate bene perché non sempre sono attendibili. Ad esempio il verso del coccodrillo sembra eludere qualsiasi definizione. Alcuni siti parlano di muggire, nitrire o addirittura trimbulare (smentito da Treccani). Sono andato ad ascoltare il verso emesso da alligatori e coccodrilli e non mi sembra né un muggito né un nitrito. In inglese viene definito come un ruggito e forse l’inglese ci si avvicina. L’italiano fa brontolare il giaguaro e il brontolio ben si adatterebbe anche al coccodrillo quando viene disturbato.

Tre fine norske ord

Der er tre norske ord jeg synes meget om. Det første er yre (støvregne på dansk), og yr/regnyr som substantiv, der stammer fra oldnordisk men det åbenbart er gået tabt i dansk. Duskregn, tåkeregn er også fine ord der betyder det samme. Fransk har bruiner og engelsk svinger fra Scotch mist til drizzle, men yr er vejrforhold mellem tågedis og småregn, så måske nærmer det sig ikke præcist ordet drizzle. Italiensk har piovigginare,  spansk lloviznar og portugisisk chuviscar, men de er jo synonymer for drizzle. Måske siger et billede mere end 1000 ord.

Andet ord fra norsk jeg kan godt lide er romjul, som ikke findes på dansk. Romjul er tiden efter anden juledag til og med nytårsaften. Svensk har mellandagarna, men tilsyneladende har dansk ikke 🙁

Det tredje norske ord er dugnad (gjøre noe på dugnad), et begreb der betyder frivilligt arbejde for fælleskabet eller naboer og som – ikke overraskende – må findes i Norge og i andre lande men ikke, for eksempel, i Italien. Antageligt fordi kultuspecifikke ord afspejler nogle elementer i visse sprog der har skabt dem?

Næste gang snakker vi om ‘harry’ og ‘uting’. Så bli’ ved med at læse!